Nel Medioevo non è possibile parlare di una vera e propria scienza astronomica o geografica in quanto, colla scissione avvenuta della unità del mondo romano e le dolorose vicende che la accompagnarono, perse interesse in questo periodo ogni teoria scientifica a causa dei numerosi problemi che si moltiplicarononell’ordine pratico.
I Dotti furono così quasi esclusivamente dei monaci che, in quanto tali, rimasero per gran tempo isolati e lo sviluppo della speculazione scientifica parve arrestarsi.
In seguito, sotto lo stimolo della invadente civiltà araba e nella rinascita del commercio e della navigazione attuata dalle Crociate e dalle Repubbliche Marinare, si moltiplicarono gli «Itinerari» che avevano soprattutto scopi pratici e poi un po’ per volta ridestarono l’interesse per le speculazioni astronomiche e per le descrizionigeografiche.
Poco o nulla ci fu però di originale perché mancavano mezzi e uomini capaci; Aristotele e Tolomeofurono tradotti e rimasero per lungo tempo i grandi maestri di queste dottrine.
A mano a mano poi che tornarono alla luce degli scrittori latini[1] che si erano interessati a questi argomenti, furono letti anch’essi e le varie teorie furono avvicinate e confuse, specialmente quando sembrò possibile stabilire un nesso fra l’Universo e le leggi che lo governano (macrocosmo) e l’uomo (microcosmo)[2].
Allora, figlia pazza di una savia madre, come disse Keplero, dalla Astronomia nacque anche in Occidente l’Astrologia.
Allora si moltiplicarono più largamente gli «Itinerari» e le fantastiche descrizioni dei paesi lontani sulla scorta delle leggende e dei miti tramandati e delle cronache dei fortunati viaggiatori che da quei paesi ritornavano.
Ristoro d’Arezzo nel 1282 con un trattato «Della Composizione del Mondo» si fece divulgatore, seppur modesto, di notizie e di teorie, quando già S. Alberto Magno e S. Tommaso d’Aquino ne avevano trattato in modo più scientifico ordinandole, criticandole, fondendole e soprattutto conformandolea ai dogmi della Chiesa. Queste furono le fonti a cui si attenne Dante Alighieri quando volle trattare d Astronomia e di Cosmografia nel Convivio, nella Quaestio de Aqua et de terra e nella Divina Commedia[3].
[1] Fu diffusissima nel Medioevo specialmente la conoscenza del «Somnium Scipionis» di Cicerone, una parte del «De Republica» isolato, commentato e diffuso da Macrobio fino dal IV secolo d. c. Il resto del «De Republica» fu scoperto da Angelo Mai nel secolo scorso.
[2] Et ut mundum ex quadem parte mortalem ipse deus aeternus, sic fragile corpus animus sempiternus movet (Cicerone: « Somnium Scipionis », XVIIl, 25)
[3] Nota bibliografica:
ALBERTO MAGNO: Della Meteora; Della Natura dei Luoghi.
ALFARGANO: Dei movimenti celesti; Dell’aggregazione delle stelle.
ARISTOTELE: La Fisica.
CLAUDIO TOLOMEO: Almagesto.
CICERONE: Somnium Scipionis (nel libro VI «De Republica»).
MANILIO: Astronomicon.
MARCIANO CAPELLA: De Nuptiis Philologiae et Mercurii.
RISTORO D’AREZZO: Della Composizione del Mondo.
TOMMASO D’AQUINO: Summa contra Gentiles.