Card. Alfredo Ottaviani
L’evangelista Giovanni conclude il racconto del miracolo di Cana con questa potente espressione: “Et crediderunt in eum discipuli eius: i suoi discepoli credettero in lui” (Jo. II, 11). Non fu, quindi, al momento della loro vocazione, ma fu in quel momento che cominciarono a credere: la loro fede nacque a Cana.
Permettetemi di sottolineare un punto in particolare. Alla Vergine che insisteva e non si stancava di insistere, Nostro Signore giustificò il suo rifiuto con un decreto divino, una disposizione della divina provvidenza: “Non è ancora giunta la mia ora: Nondum venit hora mea” (Jo. II, 4). Non è ancora giunta l’ora fissata dal Padre per il primo prodigio di suo figlio, per accendere la fede nel cuore dei discepoli, per inaugurare alla luce del sole la nuova era del nuovo regno e la nuova epoca, l’epoca, se così si può dire, dell’eterno nel tempo, del divino nell’umano. Finora questo nuovo periodo della storia era stato aperto solo nel segreto e nell’intimità, quando “il Verbo si è fatto carne”. È attraverso Maria, dunque, che si sono ottenuti i primi trionfi della fede, quella fede per cui l’uomo diventa figlio di Dio.
C’era quindi un’ora fissata dal Consiglio eterno. Ma Dio ha voluto che quest’ora fosse anticipata dall’intervento di Maria.
Questa influenza della preghiera di Maria sull’Onnipotente divino non ci sorprende, fratelli. Il suo Gesù non ha forse posto nella profondità dell’umiltà il vertice di ogni possibile grandezza per la creatura umana?
Queste considerazioni lo dimostrano: non è un caso che Maria, che ha dato Gesù agli uomini, fosse presente a Cana – e con quale presenza! Non è un caso che fosse presente il giorno della Pentecoste. Questa umile donna, la più umile di tutte le donne, ci ha dato Gesù e continua a darcelo nel corso della storia. Perché lei è, in un certo senso, l’immagine, il tipo, il simbolo e il modello della Chiesa, anch’essa vergine e madre, che genera Gesù nel cuore degli uomini. Nella storia della Chiesa possiamo trovare ciò che è accaduto nella vita terrena di Gesù. Maria è stata sensibilmente, visibilmente presente nelle ore più angosciose e buie della fede, così come è sempre stata l’alba luminosa dei giorni dei grandi trionfi.
Maria non cessa di essere presente e attiva in questa continua Pentecoste, che è il governo spirituale delle anime e l’opera del Magistero. Posso assicurarvi, cari fratelli, che in nessun altro luogo Maria è più presente che a Roma, in questa Roma augusta, che mette la sua gloria al servizio umile dell’intero universo, in questa Roma che vive per tutti i suoi fratelli e sorelle umani, e non conosce altra missione, altra salvezza, se non quella di essere fondata per gli altri: “Pro hominibus constituitur” (Eb. V, 1).
Tutta la mia vita, fin dalle prime ore del mio sacerdozio, è stata spesa nell’umile servizio di questo governo centrale e universale della Chiesa. Oso testimoniare qui che la presenza della Vergine ci dà la certezza di lavorare nella Chiesa e per la Chiesa con Cristo Gesù.
Per questa presenza di Maria, nel corso dei secoli, le vittorie, gli allori, la gloria dei trionfi ottenuti dalla Chiesa, Roma li ha spesso attribuiti a Maria, alla sua onnipotente intercessione: “Terribilis ut castrorum acies ordinata: Terribile come un esercito schierato in battaglia”. Insieme a Roma, tutta la Chiesa si compiaceva di ornare con pietre preziose la corona contemplata da San Giovanni sulla sua fronte: “In capite eius corona stellarum: sul suo capo una corona di stelle” (Ap. XII, 1).
Permettetemi di ricordare, come dall’alto, senza insistere più del necessario, alcuni di questi interventi vittoriosi di Maria nella vita della Chiesa. Mi rivolgo alle anime cristiane che non ignorano i passi compiuti dalla verità nella sua marcia attraverso il mondo, passi che sono stati tante stazioni di una dolorosa via crucis. Sanno come Gesù ha trascorso la sua vita terrena; sono consapevoli della sua vita nel segreto del loro cuore: hanno imparato come ha vissuto nei secoli nella sua Chiesa.
I. – Il mondo pagano
Come avrebbe potuto il mondo pagano, corrotto dall’idolatria e dalla crudeltà, ammettere la castità, la purezza, la verginità? Pensate, amici miei, quale peso avesse la maternità verginale di Maria in una questione di tale importanza.
Da parte del paganesimo, per il quale la Croce di Cristo era stoltezza, “gentibus autem stultitia” (I Cor. I, 23), questa maternità verginale era oggetto di sprezzante scherno. Nella lotta contro il cristianesimo, l’odio dei pagani associava Maria a Gesù nei loro attacchi. I primi apologeti, invece, associavano lo splendore della grazia di Maria allo splendore della divinità di Gesù. Le prime conquiste della verità cristiana sono state ottenute grazie all’irradiazione di questi due nomi luminosi. Così Gesù manifestò Maria e Maria manifestò Gesù.
La letteratura giudaica dei primi tempi del cristianesimo fu coinvolta in questa battaglia. Maria è stata oggetto di odiose calunnie: la Madre è stata attaccata per arrivare al Figlio.
D’altra parte, alcuni gnostici, pur mantenendo il titolo di “figlio di Maria” per Gesù, tolgono ogni importanza alla Redenzione, riducendo l’Incarnazione a nulla o quasi. Tutto ciò che rimane della Maternità divina è un vano simulacro. Su questo punto, Marcione avrà un successore in Nestorio, che trarrà dai suoi principi tutte le conseguenze.
In mezzo a tante lotte, l’intervento di Maria in difesa della Chiesa trova il suo primo testimone e il suo primo cantore nel discepolo dell’amore, in colui che scrive nel suo Vangelo: “Il discepolo la prese in casa sua” (Giovanni XIX, 27). Questo apostolo, che si libra sulle altezze divine come un’aquila possente, ha registrato nei suoi libri le ultime parole della rivelazione scritta. È anche lui che ci parla della prima apparizione di Maria, dopo la sua assunzione e incoronazione al cielo.
Sì, la prima apparizione della Madonna è stata attestata e descritta da questo apostolo che per primo ha potuto chiamare Maria sua madre, a causa di una benevola investitura di Gesù, rivolta a tutti noi nella sua persona.
In questa visione, come vide l’Apostolo, amato da Gesù e quindi anche da Maria, la Vergine? Aveva vissuto vicino a lei per giorni e giorni, ore e ore, fino al suo ultimo momento. Conosceva il suo volto come si conosce il volto della propria madre.
Ascoltiamo le sue parole ispirate: “Un grande prodigio apparve nel cielo: una donna vestita di sole, la luna sotto i suoi piedi, il capo coronato di dodici stelle” (Ap. XII, 1).
La visione si conclude con una descrizione simbolica della meravigliosa vittoria sul drago infernale ottenuta dalla Chiesa, rappresentata da Maria. Giovanni deve aver spiegato questa visione al suo discepolo Policarpo, vescovo di Smirne. Ireneo, originario di Smirne, ricevette questo insegnamento dallo stesso Policarpo. Non sorprende, quindi, che lui e il suo contemporaneo Giustino siano stati i primi dottori a insegnare la missione vittoriosa della nuova Eva nella Chiesa di Cristo.
Infatti, all’antica Eva, ingannata dall’angelo prevaricatore, si contrapponeva già la nuova Eva, accolta dall’Angelo dell’Annunciazione, vittoriosa sugli inferi e dispensatrice di salvezza attraverso il dono del suo Figlio divino.
Questo insegnamento consolante fu quindi trasmesso da Policarpo a Ireneo che, dopo la sua visita ai discepoli degli Apostoli in Asia, portò questo messaggio mariano, che ispirava fiducia, pegno di salvezza e promessa di vittoria, a Lione per tutta la Francia e poi per il mondo intero.
“Eva”, scrive Ireneo, “sedotta dalla parola dell’angelo, abbandonò Dio e fu infedele al suo comando. Maria accettò la parola dell’angelo e accolse Dio in sé. Il primo disobbedisce a Dio; il secondo obbedisce. La razza umana, perduta da una vergine, è stata salvata da una vergine”.
Questo messaggio fa eco a quello che Giustino aveva proclamato a Roma. I fedeli di Dio l’hanno raccolta nel segreto delle catacombe. Fu lì che, per la prima volta, venne proposta al culto dei cristiani un’immagine di Maria associata al suo Figlio divino.
Quanti martiri hanno dovuto guardare con fiducia questa immagine prima di recarsi al Colosseo per conquistare la loro corona gloriosa! Questo affresco esiste ancora oggi per testimoniare al nostro tempo e ai secoli futuri la fede e la fiducia in Maria di questi eroi delle prime generazioni cristiane. Il loro sangue fu il seme della vittoria per i cristiani del futuro, che avrebbero dovuto prevalere sui persecutori e sugli eretici.
È in questo spirito che si prepara il Concilio di Efeso, quel solenne tripudio popolare che, in un mare di fiaccole luminose, celebra il trionfo della verità nel nome di Maria, Madre di Dio.
A Efeso, in nome di Maria e della sua divina maternità, è stata stroncata un’eresia perniciosissima.
II. – Al tempo dei Barbari
Poco dopo, la violenza, che si era incarnata nei barbari, portò la Chiesa ad attraversare lunghi secoli di dolorosa tristezza. È la dura continuazione dei secoli di ferro: tutto è tagliato, tutto è abbattuto, tutto è buio e tetro; eppure, la Roma cristiana ha vinto i suoi conquistatori pagani.
La vittoria di Atene sul suo conquistatore romano fu celebrata: “Græcia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio” [= “La Grecia, conquistata [dai Romani], conquistò il selvaggio vincitore e le arti portò nel Lazio agreste”. Orazio, Epistole, Il, 1, 156; n.d.t.]: quanto più bella e proficua per l’universo fu la vittoria della Roma cristiana sui Barbari, suoi conquistatori!
Qual è stato il ruolo di Maria in questi eventi? Guardate l’arte, la poesia, la teologia e la liturgia. Tutti testimoniano l’influenza di Maria su questa gloriosa vittoria della luce cristiana sulle tenebre di quei tempi. Infatti, uno dei fattori più potenti di questo trionfo dello spirito sulla forza bruta fu senza dubbio la dolce attrazione che la Vergine Santissima esercitò su questi rudi con il fulgore della sua grazia e delle sue virtù, con la sua tenerezza materna e la sua incantevole bellezza sovrumana.
Per questi popoli barbari, che consideravano le donne meno che umane, la grandezza spirituale e soprannaturale di Maria era come una luce radiosa abbastanza forte da illuminare un’oscurità così profonda.
La potente virtù della grazia di Cristo, ottenuta per intercessione di Maria e diffusa dalla sua dolce attrazione, deve essersi riversata abbondantemente sui solchi tracciati dalle invasioni barbariche; e grande deve essere stata la gratitudine dei popoli.
Infatti, non appena l’Europa iniziò a gettare le fondamenta dell’ordine cristiano, sorsero ovunque quei magnifici templi, destinati a cantare le glorie di Maria per i secoli a venire.
Questi popoli, che a Roma avevano distrutto il tempio pagano di Minerva, lo ricostruirono con le loro mani per consacrarlo a Maria, Regina dei Martiri: “Sancta Maria supra Minervam”.
La devozione a Maria nobilitò questi neofiti e la furia bellicosa di questi popoli rudi e forti si trasformò, con le crociate, nella ricerca di una vittoria del cristianesimo sugli eserciti musulmani. Alla vista di Gerusalemme, i crociati vittoriosi cantano il Salve Regina.
Proprio in questo momento, Maria regala alla Chiesa una grande vittoria attraverso l’azione di un eroico pastore, il suo fedele servitore, San Gregorio VII. A questo grande Papa è destinata la gloria di aver liberato la Chiesa dai vincoli da cui era stata gradualmente presa prigioniera. Non si accontentò di porre sui fondamenti divini della Chiesa la potente architettura del diritto; strappò anche la Sposa di Cristo dall’abbraccio di Cesare; riportò il clero alla purezza e alla povertà; impose ai monaci la fedeltà a Roma; ricordò ai príncipi che, essendo cristiani come gli altri uomini, dovevano esserlo ancora di più. Organizzò la prima rete di rappresentanti di Roma per proteggere l’indipendenza religiosa dei fedeli, del clero e della Chiesa nei vari Paesi. Le sue lettere lo mostrano degno sia di Cesare che di Agostino. Ma soprattutto rivelano la sua devozione a Maria. Gli storici lo mostrano inginocchiato davanti alle più popolari immagini romane della Beata Vergine, in preghiera come un umile devoto. In nome di Maria e in nome della Chiesa romana, questo genio mirabile ha aperto il secondo millennio della storia cristiana.
III. – Il Medioevo
Le eresie dei nuovi tempi non avevano più come oggetto il dogma della Trinità. Non era il tempo dei grandi scismi. Ma i nuovi errori riguardano la vita mistica o la vita ecclesiastica. Sono queste le eresie, piene di livore, che preludono al protestantesimo e trovano in esso il loro culmine.
Contro di esse emersero nuove devozioni, non nella sostanza ma nel tono: prima, nel XII secolo, la devozione all’umanità di Cristo, poi, nel XIII, la grande devozione all’Eucaristia e infine, nel XIV, alla Passione del Signore, devozioni che, tutte e tre, diedero nuovo lustro alla devozione mariana. Lo Stabat Mater appartiene a quest’ultimo periodo.
Nel nome di Maria si costruiscono grandi cattedrali, nascono grandi iniziative. Nel nome di Maria e sotto il suo patrocinio nacquero diversi ordini religiosi che costituirono i nuovi eserciti spirituali della Chiesa, contro le eresie e per la pacificazione cristiana.
In cima alla Divina Commedia di Dante e sul frontespizio dei canti di Petrarca, la gloria di Maria risplende, così come sulle cattedrali d’Italia, Spagna, Inghilterra e Germania.
Anche in Francia inizia il periodo delle grandi cattedrali mariane: Notre-Dame de Paris e Notre-Dame de Chartres e tante altre; santuari che sono sopravvissuti nei secoli come simboli di pace interiore e centri di riposo spirituale in mezzo alle lotte e ai problemi della vita. Ancora oggi, chi cerca di conoscere la più bella gioventù di Francia la incontra in pellegrinaggio sulla strada da Parigi a Chartres.
Grazie all’azione di Maria, i movimenti anarchici che propugnavano la povertà e incitavano alla rivolta non minarono la disciplina della Chiesa. I nuovi nazionalismi riuscirono a dominare gran parte del clero e a provocare il grande scisma d’Occidente: non riuscirono a sopraffare Roma. Potevano dividere i cristiani e strappare alla Chiesa gran parte della Germania e dell’Inghilterra, ma non potevano privarla della forza e dell’onore dell’unità. I cattolici sono rimasti fedeli alla Chiesa rimanendo fedeli a Maria, la loro madre. Perché è stata lei a mantenere i suoi figli devoti alla loro Chiesa madre.
IV. – Nel XVI secolo
È una legge costante: dove si è conservata la devozione alla Madre, il Figlio è rimasto presente con lei e il suo Vicario ha continuato a essere il garante dell’unità del Corpo Mistico.
Il protestantesimo non fa più spazio a Maria. Ma allo stesso tempo, sopprimendo l’altare della Madre, sopprime l’altare del suo Figlio divino. Rifiutando l’obbedienza al Vicario di Cristo, i protestanti si sono dispersi, come pecore che non sentono più la voce del pastore. Invano cercano di trovare l’unità al di fuori di Maria, di Gesù presente nell’Eucaristia e del Papa.
Il protestantesimo, avendo negato la Chiesa e Maria, fu condannato dai decreti del Concilio di Trento. L’Immacolata non fu estranea al successo di questo grande Concilio, al quale deve la prima autentica testimonianza data dalla Chiesa della sua esenzione dal peccato di Adamo, trasmessa per generazione ai suoi discendenti [1].
I turchi rinnovavano costantemente i loro tentativi di invadere l’Europa. La battaglia di Lepanto, apoteosi e vittoria del Rosario, fu combattuta contro di loro. Fu un successo del primo Congresso mariano: questo nome fu dato a quelle masse di combattenti che, raggruppati sulle loro navi, lodavano Maria e la invocavano attraverso il Rosario prima della prova suprema. Questi trionfi di Maria si ripeteranno a Budapest e a Vienna nel corso del XVII secolo.
V. – Nel XVIII e XIX secolo
In tempi più recenti, non abbiamo vissuto tempi di scisma come dal V secolo all’anno mille, né di eresia come dall’anno mille al XVI secolo, ma tempi di pubblica incredulità come il mondo non aveva più conosciuto dalla venuta di Cristo Gesù. Questa incredulità ha riportato nei nostri Paesi un neopaganesimo, tanto più grave perché è un rifiuto della fede da parte di apostati e rinnegati. Ahimè, al nemico che a Budapest ha compiuto il suo sforzo supremo ed è stato sconfitto grazie a Maria, è succeduto un nemico completamente diverso. Il suo impero supera tutti gli imperi mai esistiti. La sua forza equivale alla sua ferocia; il suo potere di nuocere equivale alla sua capacità di resistere.
Dobbiamo quindi disperare di colui che invochiamo con il titolo di “Aiuto dei cristiani”?
La Chiesa si è forse disperata quando, sull’altare della Madonna, nel luogo dedicato all’invincibile Regina del cielo e della terra, è stata innalzata la ridicola “dea della ragione”? No! I cristiani si sono affidati alla Vergine del Perpetuo Soccorso e l’hanno invocata. Pio VII si affidò a lei e suggellò questa fiducia con un voto solenne a Savona. Tutta la Chiesa la invocava e la voce della Sposa di Cristo giungeva alle sue orecchie. Maria è scesa dal cielo per aiutarla. A Parigi, Caterina Labouré riceve dalle mani della Vergine il pegno di abbondanti grazie, pronte a scendere sulla terra. A Lourdes, Bernadette Soubirous contempla l’Immacolata. Al suo comando, scopre la sorgente, simbolo di grazie e miracoli che sono manifestazioni trionfali del suo potere, non solo sul male fisico, ma ancor più sull’incredulità, lo scetticismo e l’orgoglio dei sapienti della terra, infatuati della loro vana scienza.
VI. – La presenza di Maria nel nostro tempo
Anche oggi Maria è presente nella Chiesa. È presente lì, come era presente alle nozze di Cana. Con forti grida il Pontefice la chiamò con la proclamazione del dogma dell’Assunzione. Con forti grida i fedeli la chiamano con le loro innumerevoli devozioni. Infine, i teologi la invocano attraverso il rinnovamento della teologia mariana, che non è mai stato eguagliato, nemmeno nel XVII secolo. Nel corso del secondo millennio cristiano, le apparizioni della Beata Vergine hanno popolato le terre cattoliche con una miriade di santuari mariani, ognuno miracoloso e frequentato come l’altro. Ma in nessuna epoca queste apparizioni sono state così splendide come oggi. Questa Lourdes è una capitale della preghiera e della grazia.
Senza dubbio, la Madonna è presente in mezzo a noi. L’abbiamo invitata a prendere il suo posto tra noi, per difenderci dai nemici della civiltà cristiana. La società moderna è attanagliata da una febbre di rinnovamento che spaventa. È anche infestata da uomini che vogliono approfittare delle nostre sofferenze per imporci i loro capricci, per far valere la tirannia dei loro vizi, per costruire tra noi il covo della loro dissolutezza e della loro rapina. Il male assume proporzioni immense e assume un carattere apocalittico. Mai prima d’ora l’umanità ha conosciuto un tale pericolo. Da un’ora all’altra potremmo perdere non solo le nostre vite, ma anche la civiltà e ogni speranza. Il presente può scivolare via con il futuro. Rischiamo non solo di perdere le nostre ricchezze, ma di rovinare le fondamenta stesse della vita della società. La bomba atomica è in grado di creare un deserto meno atroce di quello prodotto dalla dottrina dominante in una società senza Dio: c’è un Sahara spirituale ben peggiore del Sahara africano. Le nuove armi possono schiacciare i nostri corpi; ma le nuove dottrine cercano di schiacciare le nostre menti, soprattutto perché le aberrazioni della scienza profana e negatrice di Dio si uniscono al nostro fianco con strane e pericolose vie erranti.
Oggi, come ai tempi delle grandi eresie, c’è una scienza di mezzi salvatori che usano la dottrina per adulare la propria vanità, senza provare il necessario timore reverenziale nei confronti della Sapienza delle cose sacre. Sto parlando della cosiddetta scienza dei semi-sapienti: perché raramente i veri studiosi, i grandi studiosi, si sono opposti al supremo magistero della Chiesa. Questa scienza facile dei mezzi salvatori ha cercato di ridurre l’eternità al tempo, il soprannaturale alla natura, la grazia allo sforzo umano e Dio all’uomo.
Se Maria non torna da noi, come possiamo non temere le conseguenze di tanti errori e di tanti orrori?
Che ne sarà di noi? Da chi possiamo sperare la salvezza? Certamente non da poteri umani. L’esperienza quotidiana mostra fin troppo chiaramente la verità del monito divino: “Non riponete la vostra speranza nei vostri governanti che sono incapaci di procurare la salvezza: Nolite sperare in principibus, in filiis hominum, in quibus non est salus” (Sal. CXLV, 2). La loro incapacità si manifesta chiaramente: quarant’anni fa, una macchia rossa di sangue versata dalla tirannia ha iniziato a gravare sugli uomini e sulle loro menti, individui e nazioni, con l’oppressione più intollerabile. Eppure, nonostante gli sforzi degli uomini di Stato per frenarlo, non ha mai smesso di crescere e ora minaccia tutto ciò che resta della libertà e della dignità umana in tutto il mondo. Il Signore stesso sembra essere sordo alla nostra voce. Sembra cedere al sonno che ha provocato la preghiera del Profeta: “Alzati, Signore, perché dormi?” e che ha fatto gridare di disperazione i discepoli nella barca in tempesta.
Il Signore sembra dire anche a noi: “Nondum venit hora mea: non è ancora giunta la mia ora” (Jo. II, 4). Ma l’Immacolata, la Madre di Dio, immagine e protettrice della Chiesa, ci ha dimostrato a Cana che sapeva e poteva ottenere, in qualche modo, l’anticipazione dell’ora divina.
Abbiamo davvero bisogno che quell’ora arrivi in fretta. Abbiamo bisogno di essere anticipati. Deve arrivare adesso, perché abbiamo il coraggio di dire: “O Madre, noi, tuoi figli, non ce la facciamo più”.
Abbiamo fiducia: Lourdes ci dà la certezza della presenza vittoriosa di Maria. La sua presenza qui non è solo quella di un’apparizione dall’altro mondo come nell’Apocalisse: la donna vestita di sole e coronata di stelle. Ma qui l’umile Maria è presente come lo era nell’umile casa di Cana, quando ottenne l’anticipazione dell’ora di Dio. A causa dei nostri peccati, meritiamo i massacri più crudeli, le esecuzioni più spietate. Abbiamo cacciato suo Figlio dalle nostre scuole, dalle nostre piazze e dalle nostre case. Lo abbiamo cacciato dal cuore di tanti uomini: le nostre generazioni hanno rinnovato il grido di un tempo: “Non vogliamo che quest’uomo regni su di noi”: Nolumus hunc regnare super nos” (Luca XIX, 14). Tra Barabba e Gesù (Mat. XVII, 17), abbiamo scelto Barabba (Jo. XVIII, 40). Tra il Signore dell’universo e il malfattore, abbiamo scelto Barabba. Ma nessuna ora è più vicina all’ora della risurrezione di quella della crocifissione. Barabba trionfa, è vero, seduto sul suo trono. Gesù, invece, è fissato alla croce nella carne di tanti martiri, di tanti torturati, di tanti deportati e nella mente di tante anime oppresse e tormentate. Mai tante croci cristiane sono state innalzate in questo immenso e atroce giardino di Nerone che è diventato il mondo intero.
Maria, madre dell’amore e del dolore, madre di Betlemme e del Calvario, madre di Nazareth e di Cana, intervieni per noi, affretta l’ora divina!
Il mondo ha bisogno del vino che nasce dalla vite che è Gesù stesso, nato dalla Vergine: “Ego sum vitis: io sono la vite” (Jo. XV, 5), dice. “Io sono la vera vite” (Jo. XV, 1). È il vino di questa vite che vogliamo.
Che Maria dica come a Cana: “Non hanno vino: Vinum non habent” (Jo. II, 3). Che lo dica con lo stesso potere di intercessione. Se Gesù esita, se rifiuta, che lei trionfi sulle sue esitazioni, come, per pietà materna, trionfa sulla nostra indegnità.
Che sia per noi una madre, piena di pietà; per lui una madre piena di autorità. Che si degni di affrettare la sua ora, che è la nostra ora.
Non possiamo più sopportarlo, o Maria; la generazione umana perirà se tu non intervieni.
Parla per noi, o Silenziosa; parla per noi, o Maria!
Alfredo Cardinale Ottaviani
Nota
[1]” Declarat tamen hæc ipsa sancta Synodus, non esse suæ intentionis comprehendere in hoc decreto, ubi de peccato originali agitur, beatam et immaculatam Virginem Dei Genitricem” (= “…lo stesso santo concilio dichiara che non è sua intenzione includere in questo decreto, dove si tratta del peccato originale, la beata e immacolata Vergine Maria, Madre di Dio”; Sessio V, 17 giugno 1546, Decretum de peccato originali, DS/26, 1516 †792).
Fonte: Lourdes, Congrès Marial — 10-17 septembre 1958 In Maria et Ecclesia Acta congressus mariologici-mariani in civitate Lourdes anno 1958 celebrati, vol. XVI, Academia Mariana Internationalis, Romæ (pp.83-94). Traduzione a c. di Dogmatv.it