INDICE
Transustanziazione nel Catechismo della Chiesa Cattolica (2 occorrenze)
Transustanziazione negli atti di Magistero di Paolo VI (6 occorrenze)
Transustanziazione negli atti di Magistero di San Giovanni Paolo II (19 occorrenze)
Transustanziazione negli atti di Magistero di Benedetto XVI (11 occorrenze)
Transustanziazione nei documenti della Sacre Congregazioni (3 occorrenze)
Appendice: Pio XII, Lettera enciclica Humani generis, 22 agosto 1950
Transustanziazione nel Catechismo della Chiesa Cattolica
CCC 1376 Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiarando: “Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica “transustanziazione” [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1642].
CCC 1413 Mediante la consacrazione si opera la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Sotto le specie consacrate del pane e del vino, Cristo stesso, vivente e glorioso, è presente in maniera vera, reale e sostanziale, il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua anima e la sua divinità [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1640; 1651].
Transustanziazione negli atti di Magistero di Paolo VI
(6 occorenze)
1. Lettera Enciclica Mysterium fidei, 3 settembre 1965.
10. Ben sappiamo infatti che tra quelli che parlano e scrivono di questo Sacrosanto Mistero ci sono alcuni che circa le Messe private, il dogma della transustanziazione e il culto eucaristico, divulgano certe opinioni che turbano l’animo dei fedeli ingerendovi non poca confusione intorno alle verità di fede, come se a chiunque fosse lecito porre in oblio la dottrina già definita dalla Chiesa, oppure interpretarla in maniera che il genuino significato delle parole o la riconosciuta forza dei concetti ne restino snervati.
11. Non è infatti lecito, tanto per portare un esempio, esaltare la Messa così detta «comunitaria» in modo da togliere importanza alla Messa privata; né insistere sulla ragione di segno sacramentale come se il simbolismo, che tutti certamente ammettono nella ss. Eucaristia, esprimesse esaurientemente il modo della presenza di Cristo in questo Sacramento; o anche discutere del mistero della transustanziazione senza far cenno della mirabile conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di Cristo, conversione di cui parla il Concilio di Trento, in modo che essi si limitino soltanto alla «transignificazione» e «transfinalizzazione» come dicono; o finalmente proporre e mettere in uso l’opinione secondo la quale nelle Ostie consacrate e rimaste dopo la celebrazione del sacrificio della Messa Nostro Signore Gesù Cristo non sarebbe più presente.
12. Ognuno vede come in tali opinioni o in altre simili messe in giro la fede e il culto della divina Eucaristia sono non poco incrinati.
23. Ma non basta. Salva infatti l’integrità della fede, è necessario anche serbare un esatto modo di parlare, affinché usando parole incontrollate non ci vengano in mente, che Dio non permetta, false opinioni riguardo alla fede dei più alti misteri. Torna a proposito il grave monito di sant’Agostino quando considera il diverso modo di parlare dei filosofi e del Cristiano: « I filosofi, egli dice, parlano liberamente senza timore di offendere orecchi religiosi in cose molto difficili a capirsi. Noi invece dobbiamo parlare secondo una regola determinata, per evitare che la libertà di linguaggio ingeneri qualche opinione empia anche intorno al significato della parola ».(10)
24. La norma di parlare dunque, che la Chiesa con lungo secolare lavoro, non senza l’aiuto dello Spirito Santo, ha stabilito, confermandola con l’autorità dei Concili, norma che spesso è diventata la tessera e il vessillo della ortodossia della fede, dev’essere religiosamente osservata; né alcuno, secondo il suo arbitrio o col pretesto di nuova scienza, presuma di cambiarla. Chi mai potrebbe tollerare che le formule dogmatiche usate dai Concili Ecumenici per i misteri della SS. Trinità e dell’Incarnazione siano giudicate non più adatte agli uomini del nostro tempo ed altre siano ad esse temerariamente surrogate? Allo stesso modo non si può tollerare che un privato qualunque possa attentare di proprio arbitrio alle formule con cui il Concilio Tridentino ha proposto a credere il Mistero Eucaristico. Poiché quelle formule, come le altre di cui la Chiesa si serve per enunciare i dogmi di fede, esprimono concetti che non sono legati a una certa forma di cultura, non a una determinata fase di progresso scientifico, non all’una o all’altra scuola teologica, ma presentano ciò che l’umana mente percepisce della realtà nell’universale e necessaria esperienza: e però tali formule sono intelligibili per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
25. Invero quelle formule possono fruttuosamente spiegarsi più chiaramente e più largamente, mai però in senso diverso da quello in cui furono usate, sicché progredendo l’intelligenza della fede rimanga intatta la verità di fede. Difatti il Concilio Vaticano I insegna che nei sacri dogmi « si deve sempre ritenere quel senso, che una volta per sempre ha dichiarato la santa madre Chiesa e mai è lecito allontanarsi da quel senso sotto lo specioso pretesto di più profonda intelligenza ».(11)
Cristo Signore è presente nel Sacramento dell’Eucaristia per la transustanziazione
47. Ma perché nessuno fraintenda questo modo di presenza, che supera le leggi della natura e costituisce nel suo genere il più grande dei miracoli,(50: Lett. Enc. Mirae caritatis: Acta Leonis, vol. XXII, 1902-1903, p. 123.) è necessario ascoltare docilmente la voce della Chiesa docente e orante. Ora questa voce, che riecheggia continuamente la voce di Cristo, ci assicura che Cristo non si fa presente in questo Sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la Chiesa Cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione.(51: Cf CONC. TRID., Decret. De SS. Euch., c. 4 e can. 2.) Avvenuta la transustanziazione, le specie del pane e del vino senza dubbio acquistano un nuovo fine, non essendo più l’usuale pane e l’usuale bevanda, ma il segno di una cosa sacra e il segno di un alimento spirituale; ma intanto acquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova « realtà », che giustamente denominiamo ontologica. Giacché sotto le predette specie non c’è più quel che c’era prima, ma un’altra cosa del tutto diversa; e ciò non soltanto in base al giudizio della fede della Chiesa, ma per la realtà oggettiva, poiché, convertita la sostanza o natura del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, nulla rimane più del pane e del vino che le sole specie, sotto le quali Cristo tutto intero è presente nella sua fisica « realtà » anche corporalmente, sebbene non allo stesso modo con cui i corpi sono nel luogo.
55. Dopo il Concilio di Trento, il Nostro Predecessore Pio VI, contro gli errori del Sinodo di Pistoia, ammonì con parole gravi che i parroci, che hanno il compito d’insegnare, non tralascino di parlare della transustanziazione, che è uno degli articoli di fede.(57: Cost. Ap. Auctorem Fidei, 28 agosto 1794) Parimenti il Nostro Predecessore Pio XII, di f. m., richiamò i limiti che non devono sorpassare tutti coloro che discutono sottilmente del mistero della transustanziazione.(58: Alloc. 22 settembre 1956: AAS 48 (1956), p. 720.) Noi stessi nel recente Congresso Eucaristico Nazionale Italiano di Pisa, secondo il Nostro dovere apostolico, abbiamo reso pubblicamente e solennemente testimonianza della fede della Chiesa.(59: AAS 57 (1965), pp. 588-592.)
2. Discorso ai partecipanti al simposio sul mistero del peccato originale, 11 luglio 1966.
È concessa, dunque, agli esegeti e ai teologi cattolici tutta quella libertà di ricerca e di giudizio, ch’è richiesta dall’indole scientifica dei loro studi e dal fine pastorale della salvezza delle anime, cui deve mirare, come a scopo supremo, ogni attività in seno alla Chiesa. Vi sono, però, dei limiti, che l’esegeta, il teologo, lo scienziato, che vogliano veramente salvaguardare ed illuminare la propria fede e quella degli altri cattolici, non possono e non devono imprudentemente oltrepassare. Questi limiti sono segnati dal Magistero vivo della Chiesa, ch’è norma prossima di verità per tutti i fedeli, come Noi stessi abbiamo ricordato nell’Enciclica Mysterium Fidei. In questa, infatti, denunziando alcune spiegazioni del dogma della transustanziazione che turbavano gli animi dei fedeli, abbiamo riprovata un’eccessiva libertà nella interpretazione dei dogmi della religione cristiana: «Quasi cuique doctrinam semel ab Ecclesia definitam in oblivione adducere liceat aut eam ita interpretari ut genuina verborum significatio, seu probata conceptuum vis extenuetur [come se a chiunque fosse lecito porre in oblio la dottrina già definita dalla Chiesa, oppure interpretarla in maniera che il genuino significato delle parole o la riconosciuta forza dei concetti ne restino snervati]» (A.A.S. LVII, 1965, p. 755).
3. Solenne concelebrazione a conclusione dell’«Anno della Fede», nel XIX centenario del Martirio degli Apostoli Pietro e Paolo – Professione di fede, 30 giugno 1968
Noi crediamo che la Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale (Cfr. Dz.-Sch. 1651).
Pertanto Cristo non può essere presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino (Cfr. Dz-Sch. 1642, 1651-1654; Pauli VI, Litt. Enc. Mysterium Fidei), proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all’unità del suo Corpo Mistico (Cfr. S. Th. III, 73, 3).
L’unica ed indivisibile esistenza del Signore glorioso nel Cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal Sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il Sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell’Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il Cielo, si è reso presente dinanzi a noi.
4. Udienza generale, 31 maggio 1972
Dovremmo, Figli carissimi, approfondire il mistero dell’Eucaristia, proprio in ordine alle condizioni interne ed esterne della Chiesa ai nostri giorni: circa la presenza di Cristo sotto le specie del pane e del vino, e perciò circa quella sua realtà viva e vera che la teologia cattolica chiama «transustanziazione»; circa il significato non solo di cena, ma anche di vero sacrificio, ch’è l’immolazione incruenta della carne e del sangue di Cristo, raffigurata nell’oblazione del pane e del vino (Cfr. M. De LA TAILLE, Mysterium Fidei, p. 457: «l’Eucaristia non è sacramento, se non in quanto è sacrificio»);
5. Omelia durante la S. Messa, presso la parrocchia di Tor de’ Schiavi, 1° giugno 1972
L’Eucaristia è un segno, una memoria; ma non solo segno, ma segno che contiene la realtà che vuole significare, contiene Gesù, rivestito per noi nell’Eucaristia nei segni del pane e del vino, i quali contengono e sono, mediante un miracolo di trasformazione essenziale, la «transustanziazione», carne e sangue di Cristo, cioè Gesù in stato di vittima, di sacrificio. […] Parole difficili, ripetiamo; ma parole del Signore, parole vere.
Angelus, 8 agosto 1976
Bolsena è celebre per il suo miracolo, avvenuto nel 1263, quando un Sacerdote boemo pellegrino di passaggio, celebrando la S. Messa sull’altare della martire, ancora tanto onorata a Bolsena, tormentato dal dubbio circa la reale presenza di Gesù Cristo nell’Eucaristia, cioè circa la «transustanziazione» del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue del Signore, vede che il Sangue bagna la piccola tovaglia, detta Corporale, sulla quale è compiuto il santo rito del sacrificio eucaristico. Meraviglia e stupore dei presenti. Subito il sacro Corporale, macchiato dal Sangue divino, fu portato alla vicina Orvieto, dove allora risiedeva il Papa, nostro lontano predecessore, Urbano IV (1261-1264), il quale, verificato il prodigio, istituì la festa del « Corpus Domini », dando così estensione in tutta la Chiesa al culto pubblico e solenne dell’Eucaristia, già diffuso in quegli anni nelle Fiandre (in reazione all’eresia di Berengario contraria appunto alla transustanziazione). Ne derivarono due capolavori : il Duomo di Orvieto, e l’officiatura liturgica di S. Tommaso d’Aquino, allora vivente, sull’Eucaristia. Orvieto conservò il Corporale del miracolo, ma Bolsena la memoria ed il culto del fatto originario; così che, dopo non breve attesa, noi oggi conferiremo alla Chiesa del miracolo il titolo di Basilica minore.
Transustanziazione negli atti di Magistero di San Giovanni Paolo II
(19 ccasioni)
1. Domenica delle Palme: Omelia di Giovanni Paolo II, 8 aprile 1979.
…Osanna nel più alto dei cieli!” (Mc 11,9-10). Noi ripetiamo queste parole in ogni Messa quando si avvicina il momento della transustanziazione.
2. Lettera ai sacerdoti, giovedì santo 1979
Fratelli cari! voi che «sopportate il peso della giornata e il caldo» (cfr. Mt 20, 12), che avete messo mano all’aratro e non vi volgete indietro (cfr. Lc 9, 62), e forse ancor più voi che dubitate del senso della vostra vocazione, o del valore del vostro servizio! Pensate a quei luoghi, dove gli uomini attendono con ansia un Sacerdote, e dove da molti anni, sentendo la sua mancanza, non cessano di auspicare la sua presenza. E avviene, talvolta, che si riuniscono in un Santuario abbandonato, e mettono sull’altare la stola ancora conservata, e recitano tutte le preghiere della liturgia eucaristica; ed ecco, al momento che corrisponde alla transustanziazione, scende tra loro un profondo silenzio, alle volte forse interrotto da un pianto…, tanto ardentemente essi desiderano di udire le parole, che solo le labbra di un Sacerdote possono efficacemente pronunciare! Tanto vivamente desiderano la Comunione eucaristica, della quale solo in virtù del ministero sacerdotale possono diventare partecipi, come pure tanto ansiosamente attendono di sentire le parole divine del perdono: «Ego te absolvo a peccatis tuis»! Tanto profondamente risentono l’assenza di un Sacerdote in mezzo a loro!… Questi luoghi non mancano nel mondo. Se, dunque, qualcuno di voi dubita circa il senso del suo sacerdozio, se pensa che esso sia «socialmente» infruttuoso oppure inutile, rifletta su questo!
3. Discorso ad alcuni sacerdoti milanesi, 21 aprile 1979
Noi possiamo “consacrare” e incontrare personalmente il Cristo col divino potere della “transustanziazione.
4. Santa Messa per l’Opus Dei: Omelia di Giovanni Paolo II, 19 agosto 1979
…Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa in maniera assai appropriata “transustanziazione” (Insegnamenti di Paolo VI, VI [1968], 308).
5. Concelebrazione in suffragio di Vittorio Bachelet, 23 febbraio 1980
Le parole della transustanziazione si riferiscono direttamente a quel sacrificio e non soltanto lo evocano nella memoria, ma lo ripetono di nuovo, lo compiono di nuovo, in modo incruento, sotto le specie del pane e del vino.
6. Saluto ai pellegrinaggi da Milano e da Alessandria e ai giuristi francesi, 14 novembre 1981
L’Eucaristia è il mistero dei misteri, perciò la sua accettazione significa accogliere totalmente il messaggio di Cristo e della Chiesa, dai preamboli della fede fino alla dottrina della Redenzione, al concetto di Sacrificio e di Sacerdozio consacrato, al dogma della “transustanziazione”, al valore della legislazione in materia liturgica.
7. Ai dipendenti delle ville pontificie, 22 luglio 1984
…siamo diventati immensamente ricchi per la transustanziazione di questo di questo dono nel corpo e sangue di Cristo.
8. Concelebrazione in occasione del ventennio della Sacrosanctum Concilium, 28 ottobre 1984
…i sacerdoti nell’assemblea eucaristica ripetono le parole sante pronunziate da Cristo Signore nel Cenacolo, in forza delle quali, sotto l’azione dello Spirito, si compie la transustanziazione: “Prendete e mangiatene tutti: Questo è il mio corpo . . .”. “Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue . . .”.
9. Santa Messa con le ordinazioni sacerdotali, 11 agosto 1985
…il sacerdote non si limita ad esserne il testimone: egli è il ministro della transustanziazione eucaristica…
10. Santa Messa «Statio Orbis», 18 agosto 1985
… In modo simile egli compì la transustanziazione del vino nel proprio sangue…
11. Santa Messa a Rosario (Argentina), 11 aprile 1987
…Cristo, che alla vigilia della sua passione realizzò la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del suo sacrificio redentore
12. All’inizio della celebrazione con i vescovi diocesani della Repubblica Federale di Germania, 14 novembre 1989.
Nella sua Persona noi pronunciamo le parole della transustanziazione.
13. Celebrazione eucaristica con i dipendenti delle Ville Pontificie 21 luglio 1991
Così con l’offertorio ci prepariamo al sacrificio, alla transustanziazione ci prepariamo ad essere “partecipi” di quel Sacrificio unico che Gesù ha compiuto e che ci ha lasciato per sempre e per tutti.
14. Udienza generale, 29 dicembre 1993
…egli vuole unire al pane e al vino destinato alla transustanziazione…
15. Visita pastorale alla parrocchia di Santa Maria Janua Coeli, 6 febbraio 1994.
… Tra poco offrirò il pane e il vino pregando per la transustanziazione di questi doni della nostra vita quotidiana, in Corpo e in Sangue di Cristo …
16. Santa Messa nella Parrocchia di San Lorenzo a Les Combes, 16 luglio 1995
Noi portiamo all’altare i frutti del nostro lavoro, il pane e il vino, perché siano transustanziati durante la celebrazione eucaristica nel Corpo e nel Sangue di Cristo. In questa Eucaristia, in questo Mistero, Cristo rende sempre presente il mistero pasquale. Cristo, che è diventato uomo, è nato dalla Vergine Maria e ha sofferto, è stato crocifisso, è morto ed è risorto. Noi, in ogni celebrazione eucaristica, dopo la transustanziazione, dopo la consacrazione, ricordiamo la sua morte e proclamiamo la sua Risurrezione.
17. Visita pastorale alla parrocchia di San Girolamo Emiliani, 1° dicembre 1996
Noi ripetiamo questo canto nella Santa Messa, celebrando l’Eucaristia. Lo cantiamo al momento della preghiera eucaristica, nel momento in cui avviene la transustanziazione, quando Gesù si prepara a venire sotto le specie del pane e del vino.
18. Lettera ai Sacerdoti, giovedì santo 1998
Eucaristia e Ordine sono frutti del medesimo Spirito: « Come nella Santa Messa Egli è l’artefice della transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo, così nel sacramento dell’Ordine Egli è l’artefice della consacrazione sacerdotale o episcopale » (Dono e mistero, p. 53).
19. Lettera enciclica Ecclesia de Eucaristia, 17 aprile 2003
… Questa conversione in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione
Transustanziazione negli atti di Magistero di Benedetto XVI
(11 occorrenze)
1. Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis, 22 febbraio 2007, § 13
In questo orizzonte si comprende il ruolo decisivo dello Spirito Santo nella Celebrazione eucaristica ed in particolare in riferimento alla transustanziazione.
2. Discorso alla Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 13 marzo 2009
La dottrina della transustanziazione del pane e del vino e della presenza reale sono verità di fede evidenti già nella Sacra Scrittura stessa e confermate poi dai Padri della Chiesa. Papa Paolo VI, al riguardo, ricordava che «la Chiesa Cattolica non solo ha sempre insegnato, ma anche vissuto la fede nella presenza del corpo e del sangue di Cristo nella Eucaristia, adorando sempre con culto latreutico, che compete solo a Dio, un così grande Sacramento» (Mysterium fidei, n. 56; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1378).
3. Omelia per la Santa Messa nella Cena del Signore, 9 aprile 2009
In questo modo, il racconto [dell’istituzione] è connesso con la preghiera precedente, con l’intero Canone, e reso esso stesso preghiera. Non è affatto semplicemente un racconto qui inserito, e non si tratta neppure di parole autoritative a sé stanti, che magari interromperebbero la preghiera. È preghiera. E soltanto nella preghiera si realizza l’atto sacerdotale della consacrazione che diventa trasformazione, transustanziazione dei nostri doni di pane e vino in Corpo e Sangue di Cristo.
4. Angelus, 16 giugno 2009
L’amore trasforma ogni cosa, e dunque si capisce che al centro dell’odierna festa del Corpus Domini ci sia il mistero della transustanziazione, segno di Gesù-Carità che trasforma il mondo. Guardando Lui e adorandoLo, noi diciamo: sì, l’amore esiste, e poiché esiste, le cose possono cambiare in meglio e noi possiamo sperare.
5. Udienza generale, 22 giugno 2009
Scrittore fecondo, Ruperto ha lasciato numerosissime opere, ancora oggi di grande interesse, anche perché egli fu attivo in varie e importanti discussioni teologiche del tempo. Ad esempio, intervenne con determinazione nella controversia eucaristica, che nel 1077 aveva condotto alla condanna di Berengario di Tours. Questi aveva dato un’interpretazione riduttiva della presenza di Cristo nel Sacramento dell’Eucaristia, definendola solo simbolica. Nel linguaggio della Chiesa non era entrato ancora il termine “transustanziazione”, ma Ruperto, adoperando a volte espressioni audaci, si fece deciso sostenitore del realismo eucaristico e, soprattutto in un’opera intitolata De divinis officiis (Gli offici divini), affermò con decisione la continuità tra il Corpo del Verbo incarnato di Cristo e quello presente nelle Specie eucaristiche del pane e del vino. Cari fratelli e sorelle, mi sembra che a questo punto dobbiamo anche pensare al nostro tempo; anche oggi esiste il pericolo di ridimensionare il realismo eucaristico, considerare, cioè, l’Eucaristia quasi come solo un rito di comunione, di socializzazione, dimenticando troppo facilmente che nell’Eucaristia è presente realmente Cristo risorto – con il suo corpo risorto – il quale si mette nelle nostre mani per tirarci fuori da noi stessi, incorporarci nel suo corpo immortale e guidarci così alla vita nuova. Questo grande mistero che il Signore è presente in tutta la sua realtà nelle specie eucaristiche è un mistero da adorare e da amare sempre di nuovo! Vorrei qui citare le parole del Catechismo della Chiesa Cattolica che portano in sé il frutto della meditazione della fede e della riflessione teologica di duemila anni: “Gesù Cristo è presente nell’Eucaristia in modo unico e incomparabile. È presente infatti in modo vero, reale, sostanziale: con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Anima e la sua Divinità. In essa è quindi presente in modo sacramentale, e cioè sotto le Specie eucaristiche del pane e del vino, Cristo tutto intero: Dio e uomo” (CCC, 1374). Anche Ruperto ha contributo, con le sue riflessioni, a questa precisa formulazione.
6. Omelia durante Santa Messa per la conclusione dell’Anno Sacerdotale, 11 giugno 2010:
Il sacerdote non è semplicemente il detentore di un ufficio, come quelli di cui ogni società ha bisogno affinché in essa possano essere adempiute certe funzioni. Egli invece fa qualcosa che nessun essere umano può fare da sé: pronuncia in nome di Cristo la parola dell’assoluzione dai nostri peccati e cambia così, a partire da Dio, la situazione della nostra vita. Pronuncia sulle offerte del pane e del vino le parole di ringraziamento di Cristo che sono parole di transustanziazione – parole che rendono presente Lui stesso, il Risorto, il suo Corpo e suo Sangue, e trasformano così gli elementi del mondo: parole che spalancano il mondo a Dio e lo congiungono a Lui. Il sacerdozio è quindi non semplicemente «ufficio», ma sacramento: Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua – questa audacia di Dio è la cosa veramente grande che si nasconde nella parola «sacerdozio».
7. Discorso in apertura del Convegno Ecclesiale della Diocesi di Roma «”Si aprirono loro gli occhi, lo riconobbero e lo annunziarono”. L’Eucarestia domenicale e la testimonianza della carità», 15 giugno 2010
Nell’offerta che Gesù fa di se stesso troviamo tutta la novità del culto cristiano. Nell’antichità gli uomini offrivano in sacrificio alle divinità gli animali o le primizie della terra. Gesù, invece, offre se stesso, il suo corpo e l’intera sua esistenza: Egli stesso in persona diventa quel sacrificio che la liturgia offre nella Santa Messa. Infatti, con la consacrazione il pane e il vino diventano il suo vero corpo e sangue. Sant’Agostino invitava i suoi fedeli a non soffermarsi su ciò che appariva alla loro vista, ma ad andare oltre: “Riconoscete nel pane – diceva – quello stesso corpo che pendette sulla croce, e nel calice quello stesso sangue che sgorgò dal suo fianco” (Disc. 228 B, 2). Per spiegare questa trasformazione, la teologia ha coniato la parola “transustanziazione”, parola che risuonò per la prima volta in questa Basilica durante il IV Concilio Lateranense, di cui fra cinque anni ricorrerà l’VIII centenario. In quell’occasione furono inserite nella professione di fede le seguenti espressioni: “il suo corpo e il suo sangue sono contenuti veramente nel sacramento dell’altare, sotto le specie del pane e del vino, poiché il pane è transustanziato nel corpo, e il vino nel sangue per divino potere” (DS, 802). È dunque fondamentale che negli itinerari di educazione alla fede dei bambini, degli adolescenti e dei giovani, come pure nei “centri di ascolto” della Parola di Dio, si sottolinei che nel sacramento dell’Eucaristia Cristo è veramente, realmente e sostanzialmente presente.
8. Messaggio Del Santo Padre Benedetto XVI al Cardinale Angelo Bagnasco in occasione Della LXII Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, 4 novembre 2010
Lo stesso Concilio Lateranense IV, considerando con particolare attenzione il Sacramento dell’altare, inserì nella professione di fede il termine “transustanziazione”, per affermare la presenza reale di Cristo nel sacrificio eucaristico: “Il suo corpo e il suo sangue sono contenuti veramente nel Sacramento dell’altare, sotto le specie del pane e del vino, poiché il pane è transustanziato nel corpo e il vino nel sangue per divino potere” (DS, 802).
9. Omelia per la Santa Messa nella Cena del Signore, 21 aprile 2011
Parola e Sacramento, messaggio e dono stanno inscindibilmente insieme. Ma durante l’ultimo convito, Gesù ha soprattutto pregato. Matteo, Marco e Luca usano due parole per descrivere la preghiera di Gesù nel punto centrale della Cena: “eucharistesas” ed “eulogesas” – “ringraziare” e “benedire”. Il movimento ascendente del ringraziare e quello discendente del benedire vanno insieme. Le parole della transustanziazione sono parte di questa preghiera di Gesù. Sono parole di preghiera. Gesù trasforma la sua Passione in preghiera, in offerta al Padre per gli uomini. Questa trasformazione della sua sofferenza in amore possiede una forza trasformatrice per i doni, nei quali ora Egli dà se stesso. Egli li dà a noi affinché noi e il mondo siamo trasformati. Lo scopo proprio e ultimo della trasformazione eucaristica è la nostra stessa trasformazione nella comunione con Cristo. L’Eucaristia ha di mira l’uomo nuovo, il mondo nuovo così come esso può nascere soltanto a partire da Dio mediante l’opera del Servo di Dio.
10. Udienza generale, 22 giugno 2011.
Saluto i pellegrini polacchi. Domani si celebra la solennità del Corpus Domini. Durante le Sante Messe in modo particolare vivremo il mistero della transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo e li riceveremo nella santa Comunione. Durante le funzioni e le processioni adoreremo la Sua reale, sacramentale presenza tra noi. Questa solennità infiammi in noi il rispetto e l’amore per l’Eucaristia, inesauribile fonte di grazia. Dio vi benedica!
11. Udienza generale, 11 gennaio 2012.
Nell’Eucaristia la Chiesa risponde al comando di Gesù: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19; cfr 1Cor 11, 24-26); ripete la preghiera di ringraziamento e di benedizione e, con essa, le parole della transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue del Signore. Le nostre Eucaristie sono un essere attirati in quel momento di preghiera, un unirci sempre di nuovo alla preghiera di Gesù. Fin dall’inizio, la Chiesa ha compreso le parole di consacrazione come parte della preghiera fatta insieme a Gesù; come parte centrale della lode colma di gratitudine, attraverso la quale il frutto della terra e del lavoro dell’uomo ci viene nuovamente donato da Dio come corpo e sangue di Gesù, come auto-donazione di Dio stesso nell’amore accogliente del Figlio (cfr Gesù di Nazaret, II, pag. 146).
Transustanziazione nei documenti della Sacre Congregazioni
(3 occorrenze)
Congregazione per la Dottrina della Fede
(2 occorrenze)
1. Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali circa alcune sentenze ed errori insorgenti sull’interpretazione dei decreti del Concilio Vaticano II, 24 luglio 1966
Similmente nella teologia sacramentaria alcuni elementi o vengono ignorati o non sono tenuti nel debito conto, specialmente per quanto riguarda l’Eucaristia. Circa la presenza reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino non mancano alcuni che ne parlano inclinando ad un esagerato simbolismo, quasi che, in forza della transustanziazione, il pane e il vino non si mutassero in Corpo e Sangue di N.S. Gesù Cristo, ma fossero semplicemente trasferiti ad una determinata significazione. Ci sono alcuni che, a proposito della Messa, insistono troppo sul concetto di agape a scapito del concetto di Sacrificio.
2. Osservazioni sul «Rapporto finale» dell’ARCIC (Commissione Internazionale Anglicana/Romano-Cattolica, 27-3-1982)
“Si osserva con soddisfazione che numerose espressioni affermano chiaramente la presenza reale del Corpo e del Sangue di Cristo nel sacramento, ad esempio: «Prima della preghiera eucaristica, alla domanda: “Cos’è questo?”, il credente risponde: “È pane”. Dopo la preghiera eucaristica, alla stessa domanda risponde: “È davvero il corpo di Cristo, il pane della vita”» (Chiarimenti di Salisbury, n. 6; cf. anche la Dichiarazione di Windsor, nn. 6 e 10).
Certe altre formulazioni tuttavia, soprattutto alcune di quelle che cercano di esprimere il compimento di questa presenza, non sembrano indicare adeguatamente quel che la Chiesa significa col termine «transustanziazione» («il mirabile ed unico mutamento di tutta la sostanza del pane nel suo corpo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue, mentre solo le specie del pane e del vino rimangono» – Concilio di Trento: DS 1652; cf. Paolo VI, Lettera Enciclica Mysterium Fidei, AAS 51[1965], p. 766).
È vero che la Dichiarazione di Windsor dice in una nota a pie’ di pagina che la cosa deve essere compresa come «un cambiamento misterioso e radicale» realizzato da «un mutamento nella realtà interiore degli elementi». Ma la stessa Dichiarazione parla altrove (n. 3) di una «presenza sacramentale attraverso il pane e il vino», e i Chiarimenti (n. 6b) dicono: «Il suo corpo e il suo sangue sono donati tramite l’azione dello Spirito Santo, che si appropria del pane e del vino, così che essi divengono il cibo della nuova creazione». Si trovano anche le espressioni: «l’associazione della presenza di Cristo con gli elementi consacrati» (n. 7) e «l’associazione della presenza sacramentale di Cristo con il pane e il vino consacrati» (n. 9). Queste formulazioni possono essere lette secondo un’intelligenza per cui, dopo la preghiera eucaristica, il pane e il vino restano tali nella loro sostanza ontologica, nonostante l’accoglimento della mediazione sacramentale del corpo e del sangue di Cristo.1 Alla luce di queste osservazioni, tuttavia, sembra necessario dire che l’intesa sostanziale, che l’ARCIC con tanta cura intende evidenziare, dovrà ricevere qualche ulteriore chiarimento”.
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
(1 occasione)
1. Ordinamento generale del Messale Romano, (17-3-2003)
3. Anche il mistero mirabile della presenza reale del Signore sotto le specie eucaristiche è affermato dal Concilio Vaticano II [6] e dagli altri documenti del magistero della Chiesa [7], nel medesimo senso e con la medesima dottrina con cui il Concilio di Trento l’aveva proposto alla nostra fede [8]. Nella celebrazione della Messa, questo mistero è posto in luce non soltanto dalle parole stesse della consacrazione, che rendono Cristo presente per mezzo della transustanziazione, ma anche dal senso e dall’espressione esteriore di sommo rispetto e di adorazione di cui è fatto oggetto nel corso della Liturgia eucaristica. Per lo stesso motivo, il Giovedì santo, nella celebrazione della Cena del Signore, e nella solennità del Corpo e del Sangue del Signore, il popolo cristiano è chiamato a onorare in modo particolare, con l’adorazione, questo mirabile sacramento.
[6] Conc. Ecum. Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 7, 47; Decreto sulla vita e sul ministero sacerdotale, Presbyterorum Ordinis, nn. 5, 18.
[7] Cf. Pio XII, Lett. enc. Humani generis, 12 agosto 1950: AAS 42 (1950) 570-571; Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei, 3 settembre 1965: AAS 57 (1965) 762-769; Solenne professione di fede, 3 giugno 1968, nn. 24-26: AAS 60 (1968) 442-443; Sacra Congregazione dei riti, Istruzione Eucharisticum mysterium, 25 maggio 1967, nn. 3f, 9: AAS 59 (1967) 543, 547.
[8] Conc. Ecum. Tridentino, Sess. XIII, 11 ottobre 1551, Denz-Schönm. 1635-1661.
Appendice
Pio XII, Lettera enciclica Humani generis, 22 agosto 1950
Né mancano coloro che sostengono che la dottrina della transustanziazione, in quanto fondata su un concetto antiquato di sostanza, deve essere corretta in modo da ridurre la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia ad un simbolismo, per cui le specie consacrate non sarebbero altro che segni efficaci della presenza di Cristo e della sua intima unione nel Corpo mistico con i membri fedeli.