ATTENZIONE ALLA TRAPPOLA! Si obietta: “Il Papa non muta la dottrina sulla illiceità morale delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, ma si dice favorevole solo a un riconoscimento giuridico”
R. Affermare il diritto anche soltanto a un riconoscimento giuridico è già un cambiamento di dottrina. La morale naturale cristiana (di ragione E di rivelazione) non comprende infatti solo la giustizia tra pari, ma anche tra stato e sudditi. E benché le persone con orientamento omosessuale mantengano certamente i diritti propri di ogni persona umana, non possono rivendicare nulla dalla società circa una unione analoga alla famiglia, perché detta unione non concorre al bene comune della società.
Per meglio chiarire tutta la questione, pubblichiamo il testo italiano di un articolo pubblicato in inglese su Lifesitenews: Priest explains why states always do evil by enshrining same-sex civil unions
Le unioni civili di persone dello stesso sesso possono essere considerate soggetto di diritti da parte dello stato?
No.
Questa negazione, così ferma e decisa, non è forse “confessionale”, cioè un’indebita ingerenza della fede nel campo della vita politica e della laicità dello stato?
Ammesso e non concesso che le fede non possa esercitare il suo benefico influsso nell’organizzazione della società, la suddetta negazione non dipende solo dalla fede, ma è una conclusione che deriva dal retto uso della ragione.
Può un cattolico considerare peccato l’esercizio della genitalità omosessuale, ma essere favorevole a un riconoscimento meramente civile delle unioni di fatto tra persone con tendenza omosessuale?
No, perché – come abbiamo detto – detto riconoscimento è contrario non solo alla fede, ma alla retta ragione.
Qual è dunque l’argomento di ragione che dimostra illecito il suddetto riconoscimento?
Il primo e il più importante è il fatto che dette unioni non concorrono al bene comune della società; bene comune che la società stessa, organizzata dallo stato, deve perseguire.
Potete spiegarne i motivi?
Il primo bene comune a cui la società deve tendere è il suo mantenimento in essere: una società si mantiene mediante il ricambio generazionale, che ne impedisce l’estinzione. Su questi presupposti, una forma di unione, che costitutivamente non può favorire la permanenza nel tempo della società stessa, non può essere considerata come orientata al bene comune.
Una unione di persone dello stesso sesso può dunque rivendicare un riconoscimento da parte della società?
Detta unione nulla può rivendicare da parte della società, perché non è orientata al bene della società stessa; dunque, lo stato nulla deve a simili unioni. Se lo stato intervenisse travalicherebbe i suoi compiti, che sono organizzare la società in vista del perseguimento del proprio fine, che è il bene comune.
Qualora lo stato negasse il riconoscimento delle unioni civili, non si arrogherebbe forse competenze morali, e quindi non sue?
No, perché detta negazione non deriva da presupposti morali, ma solo dal giudizio sulle unioni civili in ordine al bene comune.
Le persone con orientamento omosessuale non sarebbero private i questo modo di ogni diritto?
No, perché mantengono tutti i diritti delle singole persone umane, e non è possibile che vengano provate di un diritto che non hanno.
Non sarebbe una forma di ingiustizia offrire la possibilità delle unioni civili a persone con orientamento omosessuale e negarle a persone con orientamento omosessuale?
No, perché la giustizia distributiva, ovvero la giustizia propria di chi detiene una forma di autorità nei confronti dei sudditi, non consiste nel dare a tutti un bene in parti uguali, ma secondo quanto è dovuto a ciascuno.
Potete fare alcuni esempi?
Un datore di lavoro deve dare compensi diseguali a chi lavora di più o di meno. Un insegnate deve dare voti diversi a studenti con diverso merito. Un medico deve fornire assistenza ai suoi pazienti con tempestività diseguale in base alla gravità della malattia.
Potete ora applicare questi principi al caso concreto delle unioni civili?
Lo stato non può riconoscere lo stesso trattamento – nel nostro caso il riconoscimento analogo all’unione familiare – a chi ne ha diritto (l’unione di persone che porta un beneficio oggettivo alla società in ordine al bene comune) e a chi non lo ha (l’unione di persone con orientamento omosessuale che non porta beneficio in ordine al bene comune).
Ma le unioni tra persone con orientamento omosessuale non potrebbe portare beneficio alla società, mediante l’adozione, al pari delle coppie eterosessuali sterili che adottano dei bambini?
No, perché ciò violerebbe il diritto inalienabile di ogni bambino di essere educato da un padre e da una madre. Inoltre, in questo modo, verrebbe favorita – come l’esperienza insegna – la turpe pratica detta dell’utero in affitto.
Perché la Chiesa interviene in una materia che, come abbiamo visto, non è di fede, ma prima di tutto, di ragione?
La Chiesa ha il dovere di proporre a credere tutta la Rivelazione divina: questa comprende non solo misteri sostanzialmente soprannaturali (quoad substantiam), tali cioè che l’uomo non potrebbe né desiderali, né immaginarli, se Dio, per l’appunto, non li rivelasse; Dio stesso ha voluto rivelare anche in modo soprannaturale (quoad modum) verità conoscibili anche con la sola ragione. Quindi la Chiesa ribadisce anche le verità di ragione, in quanto sono ordinate alla salvezza dell’uomo.
Perché Dio ha rivelato – e quindi la Chiesa propone a credere – verità conoscibili con la sola ragione? Non è tutto questo un sovrappiù?
Dopo il peccato originale e a causa di esso, come tristemente l’esperienza insegna, gli uomini con molta difficoltà riescono a conoscere molte verità, pur attingibili con la sola ragione; allora “Si deve [alla] divina Rivelazione se tutto ciò che delle cose divine non è di per sé assolutamente inaccessibile alla ragione umana, anche nella presente condizione del genere umano può facilmente essere conosciuto da tutti con certezza e senza alcun pericolo di errore” (Vaticano I, Dei Filius).
In che condizioni di porrebbe dunque chi reputasse certamente peccato la pratica della genitalità omosessuale, ritenendo però lecito e doveroso il riconoscimento da parte dello stato delle unioni civili?
Costui si porrebbe fuori dalla Chiesa, rifiutandosi di prestare l’ossequio della fede a verità proposte a credere in modo vincolante e con l’assenso interno.
Dite dove e in quali documenti la Chiesa ha proposto a credere l’illiceità delle unioni di fatto tra persone con orientamento omosessuale.
- “La legge civile non può contraddire la retta ragione senza perdere la sua forza vincolante per la coscienza”. (cfr. Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, § 72)
- “Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell’istituzione matrimoniale, all’unione tra due persone dello stesso sesso. Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare un’istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio.” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni sulle proposte per il riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3-6-2003, § 6)
- “Ci si può chiedere come può essere contraria al bene comune una legge che non impone alcun comportamento particolare, ma si limita a rendere legale una realtà di fatto che apparentemente non sembra comportare ingiustizia verso nessuno. A questo proposito occorre riflettere innanzitutto sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista e approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell’ordinamento giuridico. Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare modificazioni dell’intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune. Le leggi civili sono principi strutturanti della vita dell’uomo in seno alla società, per il bene o per il male. Esse « svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere una mentalità e un costume ».(14) Le forme di vita e i modelli in esse espresse non solo configurano esternamente la vita sociale, bensì tendono a modificare nelle nuove generazioni la comprensione e la valutazione dei comportamenti. La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l’oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell’istituzione matrimoniale.” (Ibidem)
- “Le relazioni sessuali sono umane quando e in quanto esprimono e promuovono il mutuo aiuto dei sessi nel matrimonio e rimangono aperte alla trasmissione della vita”. (Ibidem, n. 7)
- “Mettendo l’unione omosessuale su un piano giuridico analogo a quello del matrimonio o della famiglia, lo Stato agisce arbitrariamente ed entra in contraddizione con i propri doveri.”. (Ibidem, n. 8)
- “Non attribuire lo statuto sociale e giuridico di matrimonio a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali non si oppone alla giustizia, ma, al contrario, è da essa richiesto. Ci sono invece buone ragioni per affermare che tali unioni sono nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale”. (Ibidem)
- “Costituisce invece una grave ingiustizia sacrificare il bene comune e il retto diritto di famiglia allo scopo di ottenere dei beni che possono e debbono essere garantiti per vie non nocive per la generalità del corpo sociale” (Ibidem, n. 9).”
- “Vi è il pericolo che una legislazione che faccia dell’omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge. (Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni sulla risposta alle proposte legislative sulla non discriminazione delle persone omosessuali, 24 luglio 1992, § 14)[1].
I politici cattolici hanno un dovere e un compito particolari?
Sì, i politici cattolici hanno un dovere e un compito particolari: essi sono stati ben descritti e raccomandati dalla Chiesa:
“Se tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria. In presenza di progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da tener presenti le seguenti indicazioni etiche.
Nel caso in cui si proponga per la prima volta all’Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale.
Nel caso in cui il parlamentare cattolico si trovi in presenza di una legge favorevole alle unioni omosessuali già in vigore, egli deve opporsi nei modi a lui possibili e rendere nota la sua opposizione: si tratta di un doveroso atto di testimonianza della verità. Se non fosse possibile abrogare completamente una legge di questo genere, egli, richiamandosi alle indicazioni espresse nell’Enciclica Evangelium vitae, «potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica», a condizione che sia «chiara e a tutti nota» la sua «personale assoluta opposizione» a leggi siffatte e che sia evitato il pericolo di scandalo. Ciò non significa che in questa materia una legge più restrittiva possa essere considerata come una legge giusta o almeno accettabile; bensì si tratta piuttosto del tentativo legittimo e doveroso di procedere all’abrogazione almeno parziale di una legge ingiusta quando l’abrogazione totale non è possibile per il momento. (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni sulle proposte per il riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3-6-2003, § 10)
Che atteggiamento devono tenere i buoni cristiani nei confronti delle persone con orientamento omosessuale?
Chi giustamente si oppone al riconoscimento da parte dello stato delle unioni civili tra persone con orientamento omosessuali, di deve attenere, nei confronti dei singoli, a quanto il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna, in particolare nel § 2358:
“Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione”.
In ogni caso bisogna avere ben chiaro che le loro “sofferenze possono solo essere aggravate da dottrine errate e alleviate invece dalla parola della verità” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1-10-1986, § 18).
[1] Devo questa richiesta a S.E. Rev.ma Mons A. Schenider, https://tinyurl.com/schneider-to-pope.
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