Spiegazione di P. Cornelius a Lapide, nel suo commento a Mt 4
Perché Gesù è stato tentato
1. In primo luogo, con questa tentazione lo Spirito Santo intendeva offrire ai cristiani, battezzati e convertiti a Dio, un ideale di vita religiosa, per cui essi dovevano sapere che dovevano fortificarsi contro le tentazioni che sicuramente li avrebbero attaccati. Così i Ss. Crisostomo e Ilario. Per questo Tertulliano (de Baptism., ultimo capitolo) insegna che qui si vuole dire che nessuno senza tentazioni raggiungerà il Regno di Dio.
2. Lo Spirito Santo vuole mostrare che non c’è tentazione che non possa essere vinta dalla grazia, dalla preghiera e dal digiuno, dalla ripetizione delle parole della Scrittura, dei precetti e delle promesse di Dio.
3. Cristo, che fu spesso tentato da Satana, si mostrò così simile a tutti gli altri uomini, suoi fratelli, come insegna l’Apostolo, Eb 4,15.
4. Per mostrare che coloro che stanno per diventare dottori, predicatori, prelati, apostoli, devono prima essere provati dalle tentazioni, e rafforzarsi con la preghiera e la meditazione in ritiri solitari, e lì bere una grande quantità di Spirito, che possono poi riversare sugli altri. Coloro che sono saggi, prima si ritirano con Cristo nel deserto della preghiera e della meditazione.
5. Affinché, sfidando Lucifero in battaglia, lo sconfiggesse e con lui tutto il suo esercito di demoni. Questo duello tra Cristo e il diavolo è come quando il sole lotta con le nuvole circostanti, con questo motto: “Lo splendore viene da me”. Perché il sole”, come dice S. Ambrogio, “è l’occhio del mondo, la piacevolezza del giorno, la bellezza del cielo, la misura delle stagioni, la forza e il vigore di tutte le stelle”. Come il sole dissipa le nubi, così Cristo elimina tutte le tentazioni del diavolo”. E ancora: “Come il sole rende brillanti le nubi più oscure, così Cristo, con lo splendore della sua grazia, converte la desolazione in consolazione, le tentazioni in vittorie, la guerra in trionfo”.
6. Affinché, con l’esempio della sua tentazione, superasse le nostre tentazioni e ci insegnasse a combattere e a vincere lo stesso avversario Infatti, sebbene i fedeli, consapevoli della propria infermità, debbano evitare il più possibile le tentazioni, secondo le parole di Cristo: “Non ci indurre in tentazione”, tuttavia, quando le tentazioni arrivano, devono, affidandosi a Cristo, resistere valorosamente, ricordando le sue parole: “Rallegratevi, io ho vinto il mondo”. Per questo S. Agostino nel Salmo 91 dice: “Perciò Cristo fu tentato, affinché il cristiano non sia vinto dal tentatore”. Come dice S. Ambrogio: “Quando sei tentato, riconosci che ti viene preparata una corona. Se togli le prove dei martiri, togli loro la corona. Togli loro i tormenti, togli loro le beatitudini. La tentazione di Giuseppe non è forse la celebrazione della sua virtù? Il torto della sua prigione non è forse la corona della sua castità?”.
S. Luca (4,1) dice: fu tentato dal diavolo per quaranta giorni. Da ciò alcuni pensano che, oltre alle tre tentazioni menzionate dall’evangelista, Cristo abbia subito molte altre tentazioni durante questi quaranta giorni. Pensano anche che il versetto 14 punti nella stessa direzione: E quando ebbe terminato tutte le tentazioni. Così Eutimio, Giansenio e Cajetanus, Origene (Hom. 29 in Luc.), Beda (lib. 1 in Marc.), Agostino (lib. 2 de Consens. Evang. c. 4).
S. Luca, usando il participio presente πειραζόμενος, che la Vulgata rende con l’imperfetto, era tentato, sembra riferirsi principalmente alle tre celebri tentazioni di Cristo, come la sintesi e la principale di tutte. Come sottolinea giustamente Suarez.
Dal diavolo, cioè da Lucifero, il principe di tutti i demoni. Ed era giusto che Cristo si scontrasse ora con lui, come si era già scontrato con lui in cielo, quando aveva gettato nel Tartaro, come alcuni suppongono, Satana che ambiva all’unione ipostatica e che era invidioso del fatto che stesse per diventare uomo. Lucifero, dunque, uscì dall’inferno e, assumendo la forma di un uomo – di un uomo santo, dice Dionigi Certosino – tentò Cristo, (1) per verificare se fosse davvero il Figlio di Dio e (2) per indurlo al peccato. Come dunque Lucifero, attraverso Eva, tentò Adamo e lo vinse, così egli tentò Cristo e fu vinto da Lui.
Qui ci viene insegnato che quando il diavolo prevede che qualcuno sarà un illustre dottore della Chiesa, è solito assalirlo con varie tentazioni, per abbatterlo e distruggere la messe di anime che vede di poter raccogliere, per soffocare il frutto nel seme, come ora si è sforzato di strangolare tutti i cristiani in Cristo loro Genitore.
E quando ebbe digiunato… Cristo, sull’esempio di Mosè e di Elia, digiunò quaranta giorni e notti intere, senza prendere alcun cibo o bevanda. Digiunò non con forza naturale ma soprannaturale; e non con forza ricevuta dall’esterno, come Mosè ed Elia, ma con forza propria e intrinseca, cioè divina, come insegnano i Padri, passim.
Mi chiedete per quali motivi Cristo ha digiunato?
Rispondo: 1. Per prepararsi con la preghiera e il digiuno all’opera di predicazione e per insegnarci a fare lo stesso.
2. Oggettivamente, perché con la fame conseguente al suo digiuno, potesse offrire al diavolo l’opportunità di tentarlo; e con lo stesso digiuno potesse armarsi e insegnarci ad armarci contro le tentazioni. Così S. Basilio (Hom. 1 sulle tentazioni).
3. Perché, macerando la sua carne, potesse soddisfare l’ingordigia di Adamo che aveva mangiato il frutto proibito e di tutta la sua discendenza.
4. Perché si disponesse alla santa contemplazione e mostrasse che il digiuno è come le ali con cui l’anima viene portata in alto verso le cose celesti. (S. Crisostomo, Hom. 1 in Gen.)
5. Affinché ci insegni a disprezzare i piaceri corporali per amore di quelli spirituali; e che con la contemplazione delle cose divine, e la gioia che ne deriva, si spenga la brama dei piaceri carnali e si allontani il pensiero del cibo e delle bevande. Per questo l’abate Giovanni, come testimonia Cassiano (Collat. 19.4), era talmente nutrito dai piaceri della contemplazione che non ricordava se avesse mangiato o meno il giorno prima.
6. E soprattutto per inaugurare il digiuno quaresimale, osservato dai cristiani secondo la tradizione apostolica; per sancire e, per così dire, consacrare questo digiuno con il suo esempio. Così S. Ignazio (Epist. 7) e altri Padri, passim.
l motivo era, in primo luogo, che potevamo dare una decima di tutti i giorni dell’anno a Dio. Così S. Gregorio (Hom. 16. in Evang.): “Da questo giorno fino alla letizia della Pasqua ci sono sei settimane, o quarantadue giorni, dai quali, dovendo detrarre sei domeniche da non dedicare al digiuno, rimangono solo trentasei giorni. Così ci neghiamo pertrentasei giorni, come se dessimo a Dio il decimo dei 365 giorni dell’anno, affinché noi, che abbiamo vissuto del dono che abbiamo ricevuto per noi stessi, possiamo, per amore del nostro Creatore, mortificarci digiunando nella sua stessa decima del tempo. Perciò, fratelli carissimi, come la legge vi ordina di offrire la decima delle vostre sostanze, così offrite a Dio anche la decima dei vostri giorni”.
S. Ambrogio dà un’altra ragione: come gli israeliti passarono per quarantadue tappe attraverso il deserto fino alla Terra Promessa, così anche noi arriviamo con quaranta giorni di digiuno alla sospirata festa e alla gioia della Pasqua. Per questo Tertulliano, Cipriano, S. Ambrogio (Epist. 25) e altri chiamano un digiuno una stazione. Si veda in Pietro Bongus molto di più sui misteri contenuti nel numero quaranta. Si veda anche S. Girolamo (ad Præsid.) sul cero pasquale.