Sulla questione del vaccino siamo proprio tra Scilla e Cariddi: da una parte tanti cari fratelli si infrangono contro l’incapacità di distinguere la cooperazione materiale a un certo atto (una connessione causale remotissima, arbitrariamente ritenuta sempre e comunque illecita) dalla cooperazione formale (vera e propria simbiosi di un atto “a più deliberati consensi uniti”).
Dall’altra parte avanza l’esclamazione fideista che considera il vaccinarsi un obbligo morale, da adempiere in ogni caso.
E così, se ho difeso in vari articoli la liceità morale di vaccinarsi, ora mi tocca tamponare l’errore opposto per diametrum.
La ragione è questa: il magistero non può imporre direttamente una scelta che è, per sua natura – nel nostro caso –, prudenziale e tecnica.
La Chiesa con il suo Magistero deve ribadire quei contenuti della Rivelazione soprannaturale che possono essere conosciuti anche con la sola ragione, ma che di fatto lo sono con difficoltà, a motivo delle ferite del peccato originale.
Tra questi c’è il comandamento “non uccidere” nel suo sviluppo che si estende al principio: “La vita non è tua, la devi salvaguardare, come pure la vita dei fratelli”
La Chiesa non ha NESSUNA COMPETENZA sulla SCELTA TECNICA DEI MEZZI in vista del fine “salvaguardare la vita umana”; questo è compito degli scienziati, che la Chiesa aiuta, sussidia, a volte corregge quando le conclusioni particolari potrebbero essere incompatibili con le verità eterne.
È la famosa “autonomia delle realtà temporali” usata dai modernisti per separare la politica dalla fede e dalla legge naturale, ora maldestramente travisata ad altro titolo.
È la grande differenza con la legge islamica, e con il diritto talmudico giudaico, che deducono dal testo, che ritengono sacro, le conclusioni pratiche ultime.
Per cui, se il supremo Magistero può e deve ribadire la legge naturale, non può confezionare alcuna soluzione pratica.
Madonna dell’equilibrio, prega per noi.