Riceviamo da un amico sacerdote, con preghiera di pubblicazione, questa risposta ad uno scritto, seguita da video, del noto giornalista Aldo Maria Valli. Sebbene noi stessi non avremmo usato alcune espressioni forti e nella lettera, concordiamo con l’impianto teologico, e perciò pubblichiamo la lettera. L’amico sacerdote preferisce mantenere l’anonimato, per “motivi di salute”
Caro Valli,
Le scrivo on relazione al Suo articolo Roma è senza Papa; sostanzialmente sono d’accordo con Lei, tuttavia ritengo che la scelta del titolo, per altro ben spiegata nel Suo scritto, sia pericolosa. Pericolosa, per il fatto che oggi tanti buoni fedeli, di fronte a una crisi nella Chiesa di proporzioni mai viste, sono tentati da derive sedevacantiste. La galassia sedevacantista – mi dispiace etichettare il fenomeno, ma bisogna pur intendersi – si compone dei sedevacantisti simpliciter (che dicono che siamo senza Papa), dei propugnatori della cosiddetta Tesi di Cassiciacum (secondo cui abbiamo la Sede occupata materialmente, ma non formalmente), di chi sostiene che il Papa regnante sia ancora Benedetto XVI, nonostante questi pubblicamente riconosca Francesco come Papa, e abbia concelebrato pubblicamente con lui: ovvero un Papa che mentirebbe sapendo di mentire [In realtà questa posizione non è esattamente sedevacantista, ma è almeno imparentata N.d.R.].
Credo che tanti buoni fedeli, che fanno già fatica a rimanere tali, sperando – analogamente ad Abramo – contro ogni speranza (cf. Rm 4,18), di fronte a un titolo così, siano ancora più turbati e, anziché ricevere una risposta, si trovano davanti ad uno status quaestionis ancora più complicato, che assume sempre più la forma di un inestricabile groviglio.
Un Papa che non fa il Papa, rimane Papa, come un uomo in coma irreversibile rimane uomo, anche se non parla e mantiene poche funzioni vitali.
Rimane la doverosa risposta alla domanda che fare, perché fare diagnosi e dire che le cose vanno male, redigendo liste di malefatte (e male-dette) papali, è fin troppo facile: l’unica cosa difficile è, in questo elenco, essere esaustivi.
Ecco allora il mio povero tentativo di una risposta su come districarsi in questo bosco incantato.
1) Il Papa o è tale o non lo è: non ci sono mezze misure: e la posta in gioco sono le promesse del Salvatore. Non prevarranno… e come possono, le porte dell’inferno, non prevalere se la totalità morale della Chiesa (Collegio Cardinalizio, totalità della Chiesa docente, totalità della Chiesa discente) ritiene Papa uno che non lo è: il Papa ha in sé la potestà di comprendere nella sua persona il munus docendi della Chiesa, cioè proporre quello che bisogna credere: Il Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo ha stabilito che l’oggetto della fede non possa essere trovato privatamente da ogni singolo credente, ma che debba essere necessariamente proposto a credere (“chi ascolta voi, ascolta me”; Lc 10,16). Ora, se i fedeli ritenessero da credere – come proposto a credere – ciò che in realtà non può essere proposto a credere, perché chi propone non ne ha la facoltà, le porte dell’inferno certamente prevarrebbero.
1b) Inoltre, se ammettessimo l’ipotesi di una sede vacante, da quando comincia la vacanza della Sede? Dal nuovo rito della Settimana Santo di Pio XII, da Giovanni XXIII, da Paolo VI, da Giovanni Paolo II (teologia morale ok, ma Assisi no), da Benedetto XVI (motu proprio sì, ermeneutica della continuità no)? La frammentazione della galassia sedevacantista assomiglia troppo alla frammentazione delle denominazioni protestanti, cominciata con Lutero ancora vivo, ed è la prova ex adversariis, della insostenibilità di questa posizione.
2) Se Francesco è Papa, non ci si può comportare come se non lo fosse; si incapperebbe in quella forma velata di sedevacantismo che potremmo chiamare magisterovacantismo. Questa posizione, illogica, vorrebbe resettare la Chiesa a una mitica età dell’oro che viene identificata a prima del Concilio, oppure a prima di… dove ognuno mette il suo limite.
3) A questo punto il problema è come muoversi tra Scilla e Cariddi (se Francesco è Papa e se vogliamo essere coerenti con questa opzione):
A) Da un lato crediamo, con San Paolo e il Concilio di Trento, che la fede dipende dall’ascolto (fide ex auditu). Ascolto di che cosa? Di quello che la Chiesa propone a credere con il suo magistero ordinario e vivo.
B) Dall’altro, come possiamo credere ex auditu (dall’ascolto), quando ci sembra evidente che dovremmo piuttosto tapparci le orecchie, di fronte a certi pronunciamenti?
4) Se “scegliamo” cosa credere e cosa no, giudicando noi, faremmo venir meno la fede come “dono dall’alto”, faremmo venir meno il credere Deo, (il credere a Dio e alla Chiesa non perché siamo convinti con nostre ragioni, ma perché ci fidiamo dei Colui che è Verità infallibile).
Direbbe Dante: “State contenti, umana gente, al quia; ché, se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria” (Purg III, 36-39).
Lutero “sceglieva” i brani della Scrittura; certi pseudo-tradizionalisti “scelgono”, tra i documenti del magistero, questa o quella frase, e poi, con un lavoro di forbici e scotch, incollano assieme e trovano presunte incompatibilità, che vengono battezzate come “contraddizioni”).
San Tommaso fa notare che il costitutivo formale dell’eresia è la “scelta”:
“…ciò che rientra nella ragione formale di eresia (quod de ratione haeresis est), che cioè uno segua una dottrina privata, come per propria scelta (quasi per electionem propriam); e non la dottrina pubblica che viene trasmessa divinamente (divinitus, in modo soprannaturale, da Dio)”[1]
“Eresia” deriva dal greco αἴρω (airō), = “tiro su”. Dal plateau de fromage di Scrittura e Magistero, l’eretico airei, “tira su”, “sceglie” quello che gli piace “come per propria scelta” e lascia quello che non piace o non capisce.
5) A questo punto un buon fedele si può chiedere “Visto che nel piatto, oggi, oltre al formaggio, ci sono anche dei pezzi avvelenati, come faccio a non scegliere”?
6) E qui abbiamo anche la risposta al che fare, evitando risposte più comode, ma che fanno rientrare dalla finestra eresie che pensavamo aver cacciato dalla porta.
A) In positivo: il “metodo Guareschi”: mettere nel granaio, al riparo dell’alluvione, la dottrina certa, il Catechismo della Chiesa Cattolica, e rispiegarlo pazientemente a tutti quelli che possiamo in tutti i modi possibili.
Don Camillo spalancò le braccia [rivolto al crocifisso]: “Signore, cos’è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”.
“Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”.
“No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l’autodistruzione di cui parlavo. L’uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L’unica vera ricchezza che in migliaia di secoli aveva accumulato. Un giorno non lontano si troverà come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell’uomo sarà quello del bruto delle caverne […] Signore, se è questo ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”.
Il Cristo sorrise: “Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza. Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede e mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più, ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede. Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini di ogni razza, di ogni estrazione, d’ogni cultura”[2].
B) Per opporsi agli errori: il metodo dei dubia (adoperato da quattro Cardinali per difendere la fede da le ambiguità contenute nell’Esortazione Amoris laetitia): se diciamo, direttamente, “Santo Padre, Lei sbaglia”, faremmo una scelta nostra (“come per propria scelta, quasi per electionem propriam”, direbbe San Tommaso), e allora la fede verrebbe fatta dipendere dal soggetto che – pur con ragioni – obbietta. Ma se diciamo: “Santo Padre, come l’enunciato A, da Lei proferito, non contraddice l’enunciato B, che è certissimo?”, allora non scegliamo, ma poniamo serie domande, che sono, vere e proprie Spade dello Spirito, anche se – per poco tempo – rimarranno seppellite.
7) E se il Papa non risponde? Questo è un affare suo, del quale risponderà davanti a Dio. Se non riceviamo riposta, possiamo rimanere con la dottrina certa, come dono ricevuto, fino a prova contraria (una risposta con la nota teologica opportuna).
NB. Perché il Papa non risponde? A mio avviso, non perché ha paura di un impeachment, o perché non abbia argomenti. Secondo il suo giro mentale, ciò che è chiaramente definito contraddirebbe la sua convinzione per cui la vita è superiore al dogma. Non c’è bisogno di risposte per eliminare i Cardinali: si “cammina insieme”, vuoi con il metodo della rana bollita, vuoi con le nuove nomine a senso unico, vuoi con le dimissioni accolte per alcuni al compimento, con precisione cronometrica al secondo, dell’età, riesumando invece altri ossequinti, etc. E il tempo divora chi nel frattempo muore.
8) Mi si obietterà che quanto ho proposto è lungo, e difficilmente realizzabile…
Rispondo che è crocifiggente… quindi ha la prima caratteristica per essere vero. Inoltre, la Madonna a Fatima ha promesso che il suo Cuore Immacolato trionferà… e questo certamente avverrà. Quando? Dipende anche da noi. Gesù ha promesso che i tempi anticristici saranno abbreviati “grazie agli eletti”: “…vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati (Matt. 24, 21-22).
Non ci resta che recuperare i nostri debiti formativi da “eletti”, cioè farci santi il prima possibile:
Se il mio popolo mi ascoltasse!
Se Israele camminasse per le mie vie!
Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari volgerei la mia mano;
quelli che odiano il Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre.
Lo nutrirei con fiore di frumento,
lo sazierei con miele dalla roccia» (Sal 81:14-17).
O vergine Immacolata, fa’ che Lo ascoltiamo in fretta!
[1] “…quod de ratione haeresis est, quod aliquis privatam disciplinam sequatur, quasi per electionem propriam: non autem disciplinam publicam, quae divinitus traditur” Super I Epistolam B. Pauli ad Corinthios lectura, cap. 11 l. 4.
[2] Giovannino Guareschi, Don Camillo e don Chichì, in Tutto Don Camillo. Mondo piccolo, II, BUR, Milano, 2008, pp. 3114-3115.